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Merdùle - Ottana |
Poco ancora si sa sulle maschere del carnevale tradizionale
sardo. Pare d’obbligo ormai, allo scopo del divertimento del pubblico,
raggruppare gruppi di mascherate durante i ritrovi paesani o per i carnevali
estivi. Tuttavia è poco probabile che da tali incontri si riesca a proporre
un’idea puramente conoscitiva delle maschere stesse. Primo perché esse si
limitano talvolta ad una semplice sfilata se non ad allietare gli spettatori
con gesta strabilianti che poco hanno a che vedere con il loro ruolo rituale; in
secondo luogo, molte tra esse tendono a confondersi per la similarità degli
elementi che compongono l’abbigliamento; la terza ragione, ma non la meno
importante, sta nel fatto che in genere, durante questo tipo di manifestazioni
o di ritrovi carnevaleschi, ben poco ci si attiene alla caratterizzazione di
ogni singola maschera, finendo per assegnare lo stesso ruolo sia a maschere ben
conosciute, con una ritualità di gesti consolidata e dovuta alla tradizione,
sia a quelle da poco restituite al sapere collettivo.
Prescindendo dalla polemica nata negli ultimi anni che vede
contrapposti i paesi di Mamoiada ed Ottana, portatori da sempre del rituale
carnevalesco più antico, contro quei paesi in cui il carnevale tradizionale è
stato da poco riscoperto, vogliamo portare la nostra analisi su quelle che sono
le differenze fra le caratteristiche di ogni tipologia di travestimento. Ciò
presuppone, comunque, che prenderemo ad esempio di ogni tipologia quelle che ci
sembreranno le maschere più simboliche.
Nel nostro studio abbiamo suddiviso le maschere tradizionali
in sei tipologie differenti, ognuna caratterizzata da un determinato tipo di
abbigliamento - o di elementi accessori - e da un rituale proprio. Esse sono:
a) maschere
pellite;
b) maschere a
gabbanu;
c) maschere
luttuose;
d) mascaras
serias;
e) maschere
sonore;
f) carnevali
equestri.
MASCHERE PELLITE
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Issohadores - Mamoiada |
Quando si parla di maschera sarda si tende spesso ad
identificare il nome con le maschere pellite. Il riferimento va automaticamente
ai Mamuthones di Mamoiada e ai Merdùles di Ottana. Per molti Sardi stessi la
differenziazione tra le due risulta difficoltosa, tanto che molto spesso si
tende a confonderle tra loro, non solo nel nome ma anche nell’abbigliamento.
Entrambe dotate di pelli, campanacci e maschera facciale, sono invece molto
diverse sia negli elementi sia nel rituale. Ciò senza tener conto che ai
Mamuthones si accompagnano imprescindibilmente gli Issohadores, non presenti
invece nel carnevale ottanese. Tuttavia sebbene sotto l’aspetto della figura
esse possano creare confusione ad un occhio sbrigativo, la maschera dei
Mamuthones può far tipologia a sé, in quanto il rituale da essa proposto,
proprio per la presenza degli Issohadores e per la caratteristica della
rappresentazione, non trova eguali riscontri in nessun altra rappresentazione
carnevalesca isolana.
Non lo stesso si può dire per il travestimento ottanese. In
esso infatti si ritrovano tutte le caratteristiche del carnevale pellito sardo
in cui principalmente spiccano le due figure di dominante e dominato. Tuttavia
all’interno della maschera pellita è possibile operare una suddivisione in due
ulteriori categorie: quella in cui sono presenti più dominatori e più dominati
(in genere uomo dominatore e animale dominato) e quella in cui a più dominatori
sottostà un solo dominato. Della prima categoria si citano come esempio i
Merdùles di Ottana, gli Urthos e Buttudos di Fonni, i Corongiaius di Laconi e
sa Facciola Meanesa di Meana Sardo, mentre alla seconda categoria appartengono
le maschere de s’Urtzu e sos Bardianos di Ula Tirso, dei Mamutzones di Samugheo
e di sos Colonganos di Austis, solo per citarne alcune. In queste ultime è
presente la personificazione della Maskinganna, un diavolo nell’interpretazione
dei Sardi, raffigurato da un attore che porta sul capo la testa - a cui non è
stato tolto il pelo - di una capra appena uccisa, la cui pelle scende lungo
la schiena di colui che l’indossa (Ula Tirso, Samugheo). In alcuni
travestimenti (Austis, Orani) sono invece la testa e la pelle di un cinghiale
ad essere indossate dall’attore. In ultima analisi, si può riassumere dicendo
che nella prima categoria si ritrovano quelle rappresentazioni che mettono in
scena il difficile rapporto tra uomo e bestia, mentre nella seconda si
evidenzia l’interazione tra uomo e demone, in cui a vincere è sempre l’essere
umano. Si distingue tra le altre su Battileddu di Lula, per via della brutalità
piuttosto cruenta della rappresentazione scenica.
GLI ELEMENTI DEL MASCHERAMENTO
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Mamutzones - Samugheo |
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Sos Colonganos - Austis |
Cominciamo dall’aspetto pellito della maschera. Questo è
forse l’elemento più comune in Sardegna: la pelle di pecora, o di caprone, o di
montone (ancora di volpe o martora indossata sul capo come ad Austis). Portata
al rovescio, cioè con il pelo a vista, ricopre il corpo dal collo fino alle
ginocchia. Quasi sempre bianca, ma anche marrone (Austis), nera solo a
Mamoiada, in alcuni paesi (Samugheo, Ula Tirso) può essere anche piccola e
marrone. Talvolta può comprendere un copricapo (Fonni, Samugheo, Neoneli, Laconi,
Cuglieri, Austis, Sinnai), nelle maschere più antiche esso è sostituito da un
fazzoletto nero (Ottana, Mamoiada) oppure è accompagnato da corna (Samugheo,
Neoneli), solo in un caso (Cuglieri) è presente un unico corno di capra sopra
la fronte. Non sempre alle pelli si accompagna una maschera (Ottana, Mamoiada,
Laconi, Austis, Meana Sardo), perché spesso il viso è celato solamente grazie
alla “tintura” nera (su tintieddu) data dalla cenere del sughero spalmata sulla
faccia (Fonni, Samugheo, Neoneli, Sinnai). L’unica eccezione anche in questo
caso è Cuglieri, che al posto della cenere nera, e in conformità al colore
generale della maschera, usa spalmare il viso di un’argilla molto particolare,
di colore giallastro. I carnevali più antichi mostrano anche i rituali più
complessi, un passo ben definito e preciso e diverse tipologie di maschere che
entrano in rapporto tra loro, pur all’apparenza slegate per fisionomia e
costume, ma tutte partecipanti attive dello stesso rito. Caratteristica
peculiare e immancabile è il frastuono: tutte le maschere pellite (eccetto
Fonni ), soprattutto la parte soggetta, portano infatti addosso oggetti atti a
produrre grande chiasso. Per la stragrande maggioranza delle volte si tratta di
campanacci e campanelle, di diverse dimensioni e portati perlopiù a grappolo a
tracolla sul busto (Ottana) o in file ordinate per ordine decrescente sistemati
sulla schiena (Mamoiada, Samugheo) e tenuti stretti al petto con robuste
cinghie. Alcune tra le maschere odierne (Austis, Neoneli) ai campanacci
sostituiscono ossi di animali e, solo in un caso specifico (Cuglieri), grosse
conchiglie rosa di mare (bivalvi), tanto che il nome della maschera, Is
Cotzulados, deriva proprio da questo particolare. È da far notare comunque che
gli ossi sono presenti all’interno dei campanacci come batacchio. Altro oggetto
che entra di rigore come strumento di questa tipologia di maschere è il bastone
(su matzoccu), presente e fondamentale in quasi tutti i travestimenti (anche in
questo caso Fonni si discosta), entra di prepotenza nella funzionalità del
rito. Altra componente che entra in gioco nelle maschere di Ottana e Mamoiada
(sostituita in quella di Fonni da una catena) è “sa soca” o “soha” – da qui il
termine Issohadore della maschera mamoiadina -, una lunga striscia di cuoio
(odiernamente sostituita a Mamoiada da una corda realizzata dall'intreccio di più funi) che i Boes di Ottana
tengono legata in vita affinchè il Merdùle possa tenerli a bada. A Mamoiada
viene utilizzata a mò di lazo per acchiappare persone a caso dal pubblico,
nella maggior parte dei casi si tratta di giovani donne. Fino a pochi decenni fa era comunque d'uso, anche ad Ottana, per il Merdùle "issocare" il Boe.
Si ringrazia per la gentile collaborazione Franco Cuccu di Ottana.
Fine prima parte
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